Fondo Atlante: cos’è?
Il fondo Atlante è un fondo creato per aiutare le banche ad aumentare il capitale e a liberarsi dai crediti in sofferenza. Possiamo definirlo un fondo di investimento gestito in modo “alternativo”, poiché acquisterà prodotti bancari a rischio medio-alto come le obbligazioni bancarie subordinate.
Il fondo sarà gestito da Quaestio srl, una società di diritto lussemburghese, alla cui guida troviamo Alessandro Penati, docente della Cattolica. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha detto che il fondo Atlante è un’iniziativa del settore privato per scuotere il mercato dalle sofferenze. Approvato dal Sistema europeo di vigilanza, non può essere considerato un aiuto di Stato.
A quanto ammonta il fondo Atlante?
Le banche parteciperanno con 3 miliardi al Fondo Atlante che, nel complesso, potrà contare tra i 4 e 6 miliardi. I fondi arriveranno dai principali istituti di credito: Intesa Sanpaolo (la cui partecipazione non sarà superiore al 20%), Unicredit, Ubi, Bper e Bpm-Banco. Sono previsti contributi anche da parte di assicurazioni, fondazioni e altri investitori.
Ancora tante però le domande senza risposta sull’utilità del piano di Governo: le risorse messe in campo sono scarse, ci sono dubbi sull’impatto sociale e le incertezze sulla capacità del diritto fallimentare di abbreviare i tempi di recupero dei crediti deteriorati.
Difatti, i 6 miliardi non basteranno se il 70% sarà dedicato all’aumento del capitale e il restante ai crediti deteriorati. Veneto Banca e la Popolare di Vicenza necessitano di 2,5 miliardi di euro per la ricapitalizzazione: se così si agisse resterebbero più risorse per risanare i crediti in sofferenza, ma comunque non più di 3,5-4 miliardi.
I 3,5 miliardi potrebbero smobilizzare crediti per 15-20 miliardi, ma tutto dipenderà da quale percentuale del fondo sarà dedicata all’aumento di capitale.
Fondo Atlante: i crediti inesigibili
La seconda parte dell’intervento riguarda i tempi per recuperare i crediti inesigibili. Come già avvenuto in passato, il Governo è intervenuto per ridurli, poiché generalmente la procedura fallimentare dura 7-8 anni. Questo sforzo statale può portare dei benefici anche a livello di aumento del valore dei crediti: si calcola infatti che riducendo di due anni il tempo di recupero, i crediti aumentano del 10-12% il loro valore. Una riforma del diritto fallimentare non è la soluzione, il problema sono i tribunali che lavorano a rilento perché intasati di pratiche e con problemi di carenza di personale.
Per velocizzare i tempi e salvaguardare il valore delle garanzie, il Governo vorrebbe permettere alle banche di escutere le garanzie, ovvero gli immobili e i capannoni, senza passare dalle aste. Questo potrebbe portare a degli effetti negativi, come ad esempio l’impatto delle escussioni sulle famiglie e la difficoltà per le banche di gestire immobili difficili da vendere.
La cartolarizzazione dei crediti
Un altro tema importante sono le garanzie sulle cartolarizzazione dei crediti in sofferenza (GACS). La cartolarizzazione è una complessa operazione finanziaria nella quale si cedono dei crediti e si creano dei titoli basati sui crediti stessi che possono essere emessi sul mercato finanziario. Tuttavia Paolo Strocchi di Fbs afferma che i prezzi proposti dai fondi per acquistare i crediti non si discostano di tanto da quelli GACS, di conseguenza l’impatto sembra accessorio, anche se mancano i riscontri definitivi.
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