Hai comprato un’auto nuova, hai sottoscritto un’assicurazione vita oppure stai pagando le rate del mutuo? O ancora, hai assunto un collaboratore domestico, hai trascorso qualche fine settimana fuori o vai spesso al ristorante?
Fai attenzione, perché se il Fisco rileva che il tuo tenore di vita è superiore ai redditi dichiarati può scattare un accertamento. Le spese monitorate dall’Agenzia delle Entrate sono molte e coprono quasi ogni aspetto, ma ce ne sono alcune che non finiscono sotto la lente del Fisco. Vediamo quali sono le spese non soggette a controllo.
Le spese non inserite nel redditometro per persone fisiche
Per controllare la veridicità delle dichiarazioni fiscali e per essere sicuri che il reddito dichiarato sia in linea con quello reale, l’Agenzia delle Entrate può ricorrere all’accertamento sintetico del reddito. L’articolo 38 del DL 78/2010 permette al Fisco di stimare il reddito del contribuente a partire dalle spese fatte.
Il presupposto da cui parte il Fisco è che se il tenore di vita è superiore al reddito dichiarato di almeno il 20% ci sono dei redditi che non sono stati comunicati. In questo caso è il contribuente a dover giustificare il suo comportamento. I maggiori redditi potrebbero essere dovuti a:
- Vincite al gioco (che comunque devono essere documentate);
- Donazioni o prestiti familiari (giustificabili attraverso bonifici bancari o con un accordo scritto);
- Redditi non dichiarati (a meno che non si tratti di redditi esenti, cioè non tassabili, oppure di redditi soggetti a ritenuta ala fonte a titolo d’imposta, cioè denaro già tassato).
Gli accertamenti sintetici scattano quando vengono rilevati degli scostamenti notevoli tra spese effettuate e redditi dichiarati. Il meccanismo adottato dal Fisco non tiene conto di tutte le spese, ma solo delle voci più importanti (case e immobili, mutui, auto e coperture assicurative e viaggi).
Le spese di importo contenuto o gli acquisti pagati in contanti e documentati solo attraverso lo scontrino fiscale non finiscono nel cervellone dell’Agenzia delle Entrate. Il Fisco quindi non è in grado di monitorare tutte le spese e gli evasori possono usare il denaro non dichiarato per pagare queste spese senza rischiare un controllo.
Evitare i controlli fiscali pagando in contanti?
Pagare in contanti è la prima soluzione a cui si pensa per evitare i controlli del Fisco. Le spese pagate in contantin se non è indicato il codice fiscalen non vengono infatti registrate nell’anagrafe tributaria e quindi non vengono considerate dal Fisco.
A differenza di quello che accade in caso di uso del contante, pagare con bonifico bancario o con carte di credito e di debito lascia delle tracce che permettono di risalire a chi ha fatto l’acquisto e al tipo di transazione.
Il contante è spesso usato proprio allo scopo di evadere il Fisco, ma nasconde dei pericoli che possono costare caro. Innanzitutto, proprio per frenare l’evasione, è stato fissato un tetto all’uso del contante: attualmente il limite per i pagamenti è di 3.000 euro.
Spese che superano questo importo devono essere saldate con un metodo di pagamento tracciabile. Anche fare pochi prelievi dal conto corrente e usare di frequente i contanti per le spese correnti è un segnale d’allarme che può far scattare i controlli. Se il Fisco si accorge che i movimenti sul conto corrente non sono coerenti con il tenore di vita può comunque partire l’accertamento.
Come evitare i controlli fiscali in caso di pagamento con conto corrente
Quando si paga con bonifico bancario o con le carte il denaro viene addebitato sul conto. Si può evitare che la spesa faccia scattare un controllo o se si chiede ad altri di pagare oppure se per il pagamento si usa del denaro accreditato sul conto con una causale specifica. Per esempio, nel caso di una regalia o di un prestito infruttifero. L’origine del denaro usato per la spesa deve sempre essere chiara e giustificabile.
Le spese a cui fare attenzione
Come detto in precedenza, il Fisco si concentra su alcune spese specifiche: quelle che rientrano nell’ambito del redditometro e quelle rintracciabili interrogando l’anagrafe tributaria. Le spese tenute sotto controllo dall’Agenzia delle Entrate e usate per stimare la capacità contributiva delle persone fisiche sono:
- I consumi alimentari, di bevande, le spese per abbigliamento e calzature;
- Le spese per la casa: il mutuo, l’affitto, i canoni di leasing, le spese di manutenzione, le spese per le utenze;
- Le spese per i mobili, per gli elettrodomestici e per i prodotti e i servizi di pulizia, comprese le spese per collaboratori domestici;
- Le spese sanitarie;
- Le spese di trasporto: quelle per la gestione dell’auto o di altri mezzi di trasporto a motore come il bollo, i costi di manutenzione, l’assicurazione, la benzina, ecc., oppure i costi per i mezzi pubblici;
- Le spese telefoniche;
- Le spese di istruzione;
- I consumi per il tempo libero, la cultura e i giochi: in questa categoria rientrano gli abbonamenti alla pay-tv, giochi, videogame e lotterie, attività culturali e spese per animali domestici;
- Altre spese tenute d’occhio dal Fisco sono quelle per parrucchieri, barbieri e centri estetici, gioielli, spese di viaggio, pasti fuori casa, onorari dei liberi professionisti, assicurazioni danni, infortuni e malattia e contributi previdenziali obbligatori.
L’elenco delle spese monitorate dall’Agenzia delle Entrate è dunque lungo e dettagliato. È sufficiente pagare con una carta per far sì che la spesa sia associata al contribuente e finisca nell’anagrafe tributaria.
Per non incorrere in accertamenti la via migliore è quella di rispettare le regole e non nascondere nessun tipo di reddito.
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