Un terremoto. Ecco il risultato su Piazza Affari e sul comparto bancario che ha avuto l’altro giorno l’annuncio della mancata quotazione in borsa della già vessata Banca Popolare di Vicenza. Un’ulteriore beffa per i circa 120mila piccoli azionisti già alle prese con una perdita economica importante, una beffa che ha avuto ripercussioni rilevanti sull’andamento di tutta borsa milanese (-1%).
Vanno così in fumo le speranze dei tanti azionisti che speravano, seppur con enorme svalutazione, di rivendere parte delle proprie quote, cercando di far cassa. Cade anche la possibilità che qualche realtà interessata possa lanciare un Opa.
Resta scongiurata, grazie all’intervento del fondo Atlante, lo scenario più pericoloso: il Bail-in, che avrebbe significato disastro per i risparmiatori, ma anche e soprattutto per l’economia italiana. Se è però vero che la mancata quotazione ha favorito questa soluzione, lo è altrettanto che ha portato con sé numerose conseguenze.
Banca Popolare di Vicenza: la mancata quotazione per i piccoli azionisti
Una vicenda che non può lasciare indifferenti quella degli azionisti della Banca Popolare di Vicenza, negli anni “spinti” ad acquistare azioni dietro rilascio di finanziamenti. Un dare/avere che ha fatto comodo a molti, nascondendo più di un problema, ma che alla lunga è tornato con gli interessi.
Quelle azioni che sino ad un anno fa toccavano quota 62,5 euro hanno cominciato, con le prime difficoltà dell’Istituto, a perdere valore diventando una patata bollente impossibile da rivendere. La tanta gente che aveva dato fiducia si è quindi ritrovata in un circolo vizioso da cui era impossibile fuggire.
A spiegare il dramma della situazione odierna basta un dato: 10 centesimi, ovvero l’attuale valore delle azioni. Un dramma che si traduce in totale perdita dei risparmi investiti.
Ma sarebbe potuto cambiare qualcosa se la richiesta di quotazione fosse passata? Difficile dare una risposta. Per molti sarebbe stata l’unica via d’uscita per i risparmiatori, per molti altri la situazione è comunque talmente compromessa che non ci sarebbero stati vantaggi, anzi, alla lunga forse ulteriori problemi.
Certo è che con il diritto di prelazione sulle nuove azioni derivanti dalla quotazione i soci potevano sperare quantomeno di abbassare il valore di carico e provare a recuperare qualcosa nel lungo periodo. Altra speranza interrotta quella su possibili Opa. Se arrivasse un possibile acquirente sarebbe Atlante l’interlocutore, il quale potrebbe anche decidere di non riconoscere nulla ai risparmiatori. Una vera beffa oltre il danno.
Le ripercussioni sul fondo Atlante
Con il 99,33% delle quote è oggi il neonato fondo la realtà più esposta. Un’esposizione che significa a breve spendere ulteriori 120 milioni di euro per rilevare le azioni che avrebbero acquistato gli altri (possibili) investitori. Si assottiglia sempre più quindi il già minimo patrimonio di Atlante, fondamentale perché necessario in futuro per rilevare crediti in sofferenza dalle banche in difficoltà .
Non mancano i lati positivi. La mancata quotazione permetterà ad Atlante di risanare la banca con calma, senza l’assillo a breve termine della Borsa. Un percorso lungo, ma che potrebbe nascondere qualche vantaggio, difesa dalle speculazioni su tutti.
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