I lavori socialmente utili, noti anche con l’acronimo LSU, sono tutte quelle attività che, come si può intuire, hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di pubblica utilità e sono svolti dai soggetti che percepiscono misure di sostegno al reddito o si trovano in condizione di svantaggio economico.
Vediamo in questo articolo come sono regolati e quali soggetti li promuovono, in cosa consistono, chi li può svolgere, qual è l’assegno previsto e le ultime novità.
Per quali categorie sono previsti i lavori socialmente utili
Abbiamo detto che si tratta di attività che hanno una valenza sociale e svolte da chi si trova in una situazione di svantaggio. Ma andiamo ancora più nel dettaglio. Gli LSU riguardano in particolare queste categorie di persone:
- Chi è in cerca di una prima occupazione quindi è inoccupato
- Chi è disoccupato ed è iscritto da più di 2 anni nelle liste di collocamento
- Chi è iscritto nelle liste di mobilità, ma non percepisce l’indennità
- Chi percepisce dei sostegni al reddito come la mobilità, la CIGS o altro trattamento speciale per la disoccupazione.
Gli enti promotori dei lavoratori socialmente utili
Come abbiamo detto, si tratta di lavori a beneficio della comunità locale, ecco perché a promuoverli sono genericamente le pubbliche amministrazioni (Comuni, regioni ecc…) gli enti pubblici economici, le società a prevalente partecipazione pubblica e le cooperative sociali. Se ne viene a conoscenza grazie ai bandi pubblicati presso i Centri per l’impiego e gli enti.
Come si legge sul sito del Ministero del Lavoro, i lavoratori socialmente utili possono essere suddivisi nelle seguenti categorie:
- la platea storica finanziata con le risorse statali del Fondo Sociale Occupazione e Formazione (già Fondo per l’Occupazione);
- categoria degli “autofinanziati” sostenuta con risorse proprie degli enti presso cui si svolgono le attività (es. Comuni, Regioni, etc.);
- categoria dei lavoratori, percettori di sostegni al reddito, utilizzati da Pubbliche Amministrazioni in attività socialmente utili per la durata delle prestazioni godute (ossia fino a che si trovano in disoccupazione, mobilità ecc…)
Quali sono i lavori socialmente utili
I lavoratori socialmente utili sono coinvolti di solito in progetti che riguardano la cura della persona come la cura e l’assistanza all’infanzia, all’adolescenza, agli anziani, ai disabili, ai detenuti e ai tossicodipendenti.
Possono essere impiegati anche in progetti che riguardano la gestione e il trattamento dei rifiuto solidi urbani e la pulizia di luoghi pubblici, così come nei piani di recupero, conservazione e riqualificazione di edifici di edifici a rischio, aree urbane o extraurbane, valorizzazione del patrimonio culturale, sviluppo del turismo.
Le ore di lavoro previste per gli LSU
Quanto all’orario di lavoro deve essere massimo per 20 ore settimanali e non superare le 8 ore giornaliere. In nessun caso, comunque, a meno che non si vada verso la stabilizzazione di cui parliamo sotto (e comunque non si è più LSU) il rapporto con l’ente è un rapporto di lavoro subordinato.
Lo stipendio per gli LSU: l’assegno di sussidio
Gli LSU fino ad oggi ricevono quello che viene chiamato assegno ASU, ossia assegno di sussidio per attività socialmente utili. Spetta a chi, appunto, fa le ore previste di cui abbiamo parlato sopra.
Tale assegno è riconosciuto dall’INPS ma, in caso ci fossero ore in eccedenza, non sono a carico dell’ente di previdenza ma del soggetto che sta utilizzando la prestazione (Comune, scuola ecc…) e devono essere pagate con un assegno integrativo. Per il 2019 l’importo previsto è stato di 592,97 euro al mese e per il periodo il lavoratore ha diritto ai contributi figurativi utili per la pensione e per il pagamento degli assegni familiari, ovviamente per chi ha diritto di riceverli.
Stabilizzazione dei lavori socialmente utili
La situazione per quanto riguarda gli LSU è particolarmente controversa e questo perché da quando sono stati creati, ossia nel 1981, la platea si è molto allargata. Ecco perché prima si parlava di platea storica.
Inizialmente gli LSU dovevano essere solo gli iscritti alla CIGS e solo al Sud, ma la platea negli anni si è notevolmente allargata arrivando a quasi 170mila LSU nel 1999. Un po’ troppi con costi eccessivi per lo Stato, ecco perché si è parlato di stabilizzare coloro che sono finanziati dal fondo occupazione.
Pertanto dal 2000 non si possono più approvare progetti di attività socialmente utili (a eccezione di quelli in cui le persone son direttamente impiegate dalle pubbliche amministrazioni) e con la Legge di Bilancio 2019 ma anche per quella del 2020 sono stati previsti degli incentivi statali che vanno in direzione della stabilizzazione, con interventi vari. Tra gli ultimi, per esempio, come si legge nella legge di bilancio del 2020, nel quadro degli interventi è previsto:
sono prorogati fino al 31 dicembre 2020 (e questo dal 31 dicembre 2019) i contratti di lavoro a tempo determinato degli enti pubblici della Regione Calabria con soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità, nonché alcune convenzioni relative ai medesimi lavoratori.
Inoltre,“viene modificata la disciplina sulle possibilità di assunzioni a tempo indeterminato (anche a tempo parziale) – da parte di pubbliche amministrazioni – dei suddetti soggetti, prevedendo, in particolare, la possibilità di derogare, per il solo 2020, ai limiti della dotazione organica, dei vincoli assunzionali vigenti e del piano di fabbisogno del personale”.
Nel dicembre scorso, poi, sono stati concessi i contributi ai Comuni con meno di 5.000 abitanti per la stabilizzazione di lavoratori socialmente utili.
Lavori socialmente utili e reddito di cittadinanza
A inizio del 2020, il reddito di cittadinanza è entrato nella fase 2. Pertanto per chi lo percepisce, tranne i casi di esonero, sono obbligatori i lavori socialmente utili anche per questo sostegno al reddito.
Differenza tra lavori socialmente utili e di pubblica utilità
A differenza di quel che si crede, non sono la stessa cosa. I secondi sono infatti la sanzione penale (pena sostitutiva) prevista per chi ha appunto commesso dei reati che, pertanto, presta un’attività a favore della collettività ma non è retribuita.
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