Tasse: i dati OCSE sull’Italia
Cala il peso delle tasse in Italia. Secondo il rapporto sulle entrate pubbliche in Italia l’incidenza delle tasse è sceso di 0,4 punti percentuali tra il 2014 e il 2015. Se nel 2014 rappresentavano il 43,7% del PIL, nel 2015 infatti la percentuale è scesa al 43,3.
Questo dato fa passare l’Italia dal quinto a sesto posto in una classifica che ordina i 34 Paesi OCSE in base all’incidenza della tassazione sul PIL: un primato che nessuno vorrebbe, insomma, anche se in seguito vedremo che non sempre rappresenta un dato negativo.
Andando ad analizzare il dato nel dettaglio emerge che il calo più consistente ha riguardato le tasse sui redditi e sui contributi previdenziali. Calo purtroppo in parte compensato dalla crescita dell’imposizione fiscale su proprietà e consumi (ad esempio per le imprese, secondo la Cgia di Mestre, il passaggio dall’ICI all’IMU ha rappresentato un’imposizione più che raddoppiata, passando negli ultimi anni da 4 a 9,5 miliardi di euro).
Tasse: gli altri Paesi OCSE
Ma come va negli altri Paesi OCSE? Mentre la media sale dal 34,2% del 2014 al 34,3% del 2015, se consideriamo le prime cinque posizioni, troviamo la Danimarca al primo posto con la tassazione che rappresenta il 46,6% del PIL, seguono la Francia con il 45,5%, il Belgio con il 44,8%, la Finlandia con il 44% e l’Austria con il 43,5%.
In questi Paesi, però, il peso delle imposte è controbilanciato da un’elevato livello dei servizi pubblici. Dunque questo dato non ha un’accezione negativa in assoluto.
Analizzando la parte bassa della classifica, scopriamo che il Paese in cui le tasse incidono meno sul PIL è il Messico, con un 17,4%. In Europa il dato più basso si registra nel Regno Unito, con il 32,5%, seguito dalla Germania, con il 36,9%.
Tasse in Italia: lo studio della CGIA di Mestre
La CGIA di Mestre ha reso nota la graduatoria della pressione fiscale sopportata dagli italiani a livello territoriale. Ne emerge un’Italia divisa a metà, con tasse annue pro capite pari a 10.229 euro per i contribuenti del Nord, 5.841 euro per quelli del Sud, e 9.485 per il Centro. La media nazionale è pari a 8.572 euro.
Di seguito le regioni prime in classifica:
- Lombardia con 11.284 euro;
- Lazio con 10.426 euro;
- Trentino-Alto Adige con 10.320 euro;
- Emilia-Romagna con 10.310 euro;
- Liguria con 9.747.
E le regioni fanalino di coda:
- Campania con 5.854 euro;
- Sicilia con 5.556 euro;
- Calabria con 5.183 euro.
A spiegare le cause di questo notevole gap Paolo Zabeo, Cordinatore Ufficio Studi Cgia di Mestre:
“Appare evidente che i territori più ricchi del Paese versano di più di quelli che lo sono meno e questo giustifica il forte divario territoriale che emerge in questa analisi. Va anche ricordato che laddove il reddito è più alto, il gettito fiscale è maggiore e, in linea di massima, anche la quantità e la qualità dei servizi erogati sono più elevati”.
Tasse in Italia: pressione fiscale nazionale e locale
Nello studio della CGIA di Mestre si rileva un’altra spaccatura: quello tra la pressione fiscale nazionale e locale. Partendo dalla media nazionale della tassazione pro capite rilevata nel 2014, pari come detto a 8.572 euro, si rileva una pressione fiscale così suddivisa:
- l’81,5% finisce nelle casse dello Stato;
- il 10,5% va alle Regioni;
- l’8% a Comuni, Province e Comunità Montane.
Infine una piccola buona notizia. L’Ufficio Studi di Confartigianato annuncia la previsione di un calo della pressione fiscale nel 2016 rispetto al 2015, un flebile 0,7% che però lascia ben sperare se per il 2017 il Governo darà seguito a quanto promesso sul tema.
Tasse in Italia: 946 euro in più rispetto all’Europa
La pressione fiscale italiana è più pesante di quella media dei principali Paesi europei. A misurarne la consistenza la Cgia di Mestre che è giunta ad un dato sconfortante: gli italiani pagano mediamente 946 euro in più all’anno per le tasse, rispetto ai cittadini dei maggiori Paesi europei.
Nel dettaglio la Cgia ha rilevato la pressione fiscale in Francia, Belgio, Austria, Svezia, Italia, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Regno Unito, Irlanda e area UE.
Dato consolante, ma non troppo, è che la pressione fiscale maggiore rispetto alla media europea è quella relativa alla Francia, dove le tasse pesano per il 48% del PIL, rispetto al 43,4% del Belpaese. Percentuale quella italiana, depurata degli effetti del bonus 80 euro, che abbasserebbe la pressione al 42,8%. Gli altri Paesi con elevata pressione fiscale sono Belgio, Austria e Svezia che registrano rispettivamente una pressione pari al 46,8, 44,3 e 44%.
Tra chi “sta meglio” degli italiani, invece, troviamo i tedeschi che ogni anno spendono 973 euro di tasse in meno rispetto agli abitanti dello stivale. Per non parlare degli irlandesi che spendono 5.133 euro in meno. Un’Europa non proprio allineata a livello di tassazione, dunque.
Tasse in Italia: il nodo è la spesa
Il commento di Paolo Zabeo, capo Ufficio Studi Cgia:
“Sebbene la pressione fiscale sia leggermente in calo, per pagare meno tasse è necessario che il Governo sia più incisivo sul versante della spending review. Solo con tagli agli sprechi e alle inefficienze della macchina pubblica si possono trovare le risorse per ridurre il carico fiscale generale. La razionalizzazione della spesa pubblica, inoltre, dovrà proseguire molto in fretta. Entro la fine dell’anno prossimo, infatti, per evitare che dal primo gennaio 2018 scatti la clausola di salvaguardia che comporterà un forte aumento dell’IVA e delle accise sui carburanti, il Governo dovrà reperire ben 19,5 miliardi di euro”.
Aumento IVA per ora soltanto rimandato, attraverso al Legge di Bilancio 2017, ma non scongiurato.
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