In Italia esiste un particolare tipo di lavoro che viene definito lavoro accessorio. Con queste due parole devi sapere che si intendono tutte quelle prestazioni lavorative che non sono riconducibili né a un apprendistato, né a un contratto a tempo determinato, né a tutele crescenti, né ancora al contratto a chiamata.
Insomma, il lavoro accessorio è qualcosa a cui la parola contratto proprio non si addice ed è più giusto definirlo una prestazione lavorativa completamente diversa dal lavoro subordinato o autonomo.
Cosa aspettarti dunque quando ti propongono il lavoro accessorio? Come sarai pagato/a? Si tratta di un impiego che avrà futuro? E soprattutto quanto c’entrano i tanto vituperati voucher? Vediamo di capirne di più in questo articolo.
Lavoro accessorio cos’è: significato e definizione
Lo abbiamo anticipato: il lavoro accessorio è quel tipo di lavoro che non esige un contratto. La parola lo fa d’altra parte capire: la finalità è infatti di regolamentare tutte quelle prestazioni lavorative che sono definite accessorie e come tali non riconducibili a un contratto perché svolte in modo saltuario.
Cosa importante è che il lavoro accessorio, per poter essere messo in pratica, ha dei limiti prettamente economici: l’insieme delle prestazioni – il che vuol dire proprio tutte quelle che vengono fatte con tutti i committenti, quindi la loro somma– non deve superare i 7mila euro netti (9.333 lordi) nel corso di un anno civile, ossia dall’1 gennaio al 31 dicembre.
Voucher: addio dal 2018, ma sono utilizzabili fino al 31 dicembre
Tali prestazioni al momento vengono pagate attraverso i voucher lavoro che, come saprai, non saranno più utilizzabili a partire dall’1 gennaio 2018. I committenti che hanno già dei voucher possono comunque pagare il lavoro accessorio con i buoni lavoro fino al 31 dicembre 2017.
Allo stato attuale, quindi, i voucher vengono regolati secondo quanto previsti dal Jobs Act così come ti illustriamo nei prossimi paragrafi.
Per quanto riguarda i committenti, qualora siano degli imprenditori o dei professionisti, le prestazioni che puoi rendere a loro favore non devono superare il limite di 2 mila euro nell’anno civile per ogni lavoratore. E questo, appunto, per evitare che un’azienda usi i voucher senza assumere le persone o comunque proporre un’eventuale contratto a chiamata o a tempo indeterminato.
Una cosa importante: il lavoro accessorio è regolato dal Decreto Legislativo n.81/2015 ossia uno degli 8 decreti legislativi di attuazione del 2015 (conosciuti come Jobs Act) e che in questo caso ha riordinato i contratti cosiddetti “speciali” per renderli “maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo”.
Questo decreto che ha abolito il contratto a progetto ha nel caso del lavoro accessorio fatto venire meno la caratteristica dell’occasionalità che comunque era stata eliminata anche nel 2013 e stabilito che il lavoro accessorio, almeno fino al momento in cui scriviamo, possa essere usato per qualsiasi tipo di attività.
Lavoro accessorio: cosa sono i voucher e come funzionano
Sono sostanzialmente l’unico modo al momento – in attesa delle novità da parte del Governo – in cui il lavoro accessorio, a meno che non si sconfini nel lavoro nero, può essere pagato. I voucher infatti sono “tracciati” e dovrebbe garantire, con i limiti di cui sopra, che non se ne abusi. Per voucher si intendono i buoni lavoro che sono emessi dall’INPS e che si sostituiscono a un pagamento fatto in contanti.
Ad acquistarli sono i committenti – ossia coloro che danno il lavoro –per i quali i voucher hanno un valore nominale di 10 euro. Per il lavoratore il valore è di 7,50 euro netti che dovrebbe corrispondere a minimo un’ora di prestazione occasionale. Il resto, i cosiddetti 2,50 vanno in:
- contributi Inail, pari a circa il 7% per coprire gli eventuali infortuni sul lavoro
- contributi previdenziali per la Gestione Separata INPS, pari a circa il 13%
- gestione del servizio inps al 5%
Lavoro accessorio: comunicazione
Tra le novità sul lavoro accessorio c’è quella introdotta dal Decreto Legislativo n. 185/2016 che prevede una comunicazione obbligatoria da parte del committente da inviare almeno 60 minuti prima dell’utilizzo dei buoni lavoro, comunicare alla sede territoriale competente dell’Ispettorato nazionale del lavoro, tramite sms o posta elettronica, le seguenti informazioni sul lavoratore:
- dati anagrafici del lavoratore o codice fiscale
- luogo di lavoro, giorno, anno
- ora di inizio e fine della prestazione
Per chi non lo fa, è prevista una sanzione amministrativa tra i 400 euro e i 2400 euro.
La comunicazione deve essere inviata più volte quando vengono svolte frazioni di ora. Nel caso in cui i committenti siano imprenditori agricoli, l’arco temporale disponibile per la comunicazione dei dati sale a 3 giorni ma senza l’obbligo di comunicazione data di inizio e fine della prestazione lavorativa.
La comunicazione va fatta non solo per l’avvio del lavoro ma anche se ci sono variazioni delle attività come le seguenti:
- se cambia il nome del lavoratore: almeno 60 minuti prima dell’inizio della attività lavorativa;
- se cambia il luogo della prestazione: almeno 60 minuti prima dell’inizio della attività lavorativa nella nuova sede;
- se si anticipa l’orario di inizio della prestazione: almeno 60 minuti prima del nuovo orario;
- se si posticipa l’orario di inizio della prestazione: entro 60 minuti prima del nuovo orario;
- se il lavoratore prolunga il proprio orario di lavoro rispetto a quanto già comunicato: prima dell’inizio dell’attività lavorativa ulteriore, insomma non esistono “straordinari” a voce;
- se il lavoratore termina anticipatamente l’attività lavorativa: entro i 60 minuti successivi;
- se il lavoratore non si presenta: entro i 60 minuti successivi all’orario di inizio della prestazione già comunicata.
Come si attivano i voucher
A seconda di dove sono stati acquistati i voucher possono essere così attivati:
- tramite SMS al numero 339/9942256;
- email alla sede dell’Ispettorato del Lavoro (intermittenti@pec.lavoro.gov.it);
- dalla pagina dedicata del sito dell’INPS;
Non sono obbligati alla comunicazione:
- Enti pubblici;
- Attività non commerciali;
- Lavoro domestico e famiglie
Le comunicazioni non devono essere fatte per forza per singolo lavoratore, ma possono essere fatte anche per gruppi di lavoratori purché riferiti allo stesso committente e purché i dati riferiti a ciascun lavoratore siano dettagliatamente esposti.
Per sapere come incassare i voucher e altri dettagli vi consigliamo di cliccare su questo post.
Dove può essere attuato
Si può dunque attuare in diversi ambiti: agricolo, commerciale, turistico, servizi, Pubblica Amministrazione purché appunto rispetti i vincoli di contenimento delle spese di personale previsti dalle norme di settore o i patti di stabilità interni (questo nel caso della Pubblica Amministrazione). Non si può invece ricorrere al lavoro accessorio per appalti di opere e servizi, a meno che non ci siano particolari deroghe volute dal Ministero del lavoro.
Anche in agricoltura, il lavoro accessorio ha delle limitazioni e si può attuare in questi casi:
- Se le attività lavorative hanno carattere stagionale e sono effettuate da giovani under 25 e pensionati. In questo caso, è fondamentale che chi ha meno di 25 anni continui gli studi e cioè che la tipologia di lavoro non li allontani dagli impegni scolastici, questo se si tratta di scuole superiori mentre per chi è iscritto all’università non ci sono particolari limiti, anche perché è più facile organizzare il lavoro. Va da sé che bisogna comunque lasciare il tempo di prepararsi a un eventuale esame e di sostenerlo;
- Se le attività agricole, stagionali e non, sono svolte a favore di piccoli produttori agricoli ossia che non hanno un volume d’affari che non superi i 7 mila euro annui. Importante: non possono essere comunque svolte da soggetti iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici agricoli.
Il lavoro accessorio è poi possibile per le seguenti categorie:
- disoccupati e inoccupati in quanto tali prestazioni non incidono (per fortuna) sull’indennità;
- lavoratori domestici: cioè a dire colf e badanti così come dogsitter e baby sitter sono tra le figure per cui è maggiormente usato;
- pensionati: indipendentemente dal tipo di pensione, eccezion fatta per chi ha una pesnsione di invalidità;
- chi è in cassaintegrazione o sta percependo l’Aspi, miniASPI o Naspi. Con un limite: reddito massimo di 3 mila euro all’anno. Visto che i voucher, come abbiamo detto, valgono ai fini contributivi se, per esempio, percepite indennità di mobilità e anche i voucher, l‘INPS deduce dalla contribuzione derivante dall’indennità gli accrediti contributivi che vengono dalle prestazioni di lavoro accessorio.
- extracomunitari: tali prestazioni però non sono valide per avere il permesso di soggiorno
- studenti: come accennato per le attività agricole, purché questa tipologia di lavoro non vada in conflitto con gli obblighi scolastici;
- lavoratori dipendenti con contratto a tempo determinato e indeterminato part time o full time purché il lavoro accessorio non sia offerto dal datore di lavoro di cui si è dipendenti.
- possessori di partita IVA purché con regime dei minimi.
Lavoro accessorio e Naspi
Nel caso di chi è disoccupato e ottiene la NASPI o altre misure di sostegno al reddito, c’è da chiarire meglio l’aspetto dell’indennità: fino ai 3 mila euro netti nell’anno civile, l’indennità non viene toccata. Viceversa è solo parzialmente cumulabile con i voucher: viene infatti ridotta di un importo pari all’80% del compenso rapportato al periodo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data in cui termina il periodo di godimento dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno.
Per specifiche categorie di soggetti in stato di disabilità, detenzione, tossicodipendenza e per i beneficiari di ammortizzatori sociali è prevista la possibilità di ricorrere al lavoro accessorio, secondo una regolamentazione speciale che sarà individuata da un apposito decreto ministeriale.
Ti è stato proposto un lavoro accessorio? Raccontacelo tra i commenti.
sy
posso usarlo per un taxi?
grazie sy