Decreto banche: cosa prevede?
Il decreto banche prevede che l’esercizio di attività bancaria in forma di BCC può essere effettuato solo da istituti che appartengono a un gruppo bancario cooperativo. Sono aumentati i limiti al numero minimo dei soci, che deve essere di 500, e al valore nominale che può detenere ciascuno dei soci della BCC, che equivale a 100 mila euro.
Qualora una BCC venga esclusa da un gruppo bancario cooperativo può procedere a svolgere l’attività bancaria solamente dopo aver ricevuto l’autorizzazione della Banca d’Italia e la trasformazione in Spa. La BCC può recedere dal contratto di coesione con il gruppo bancario e trasformarsi in Spa. Se ciò non avviene, può dichiarare la liquidazione.
Sono state chiarite le competenze del Ministro dell’Economia e delle Finanze e di Bankitalia. Rispettivamente il primo deve definire le caratteristiche dimensionali e organizzative del gruppo bancario, mentre la seconda detiene le funzioni di vigilanza, come previsto dall’ordinamento.
A favore del decreto banche, durante la seduta di mercoledì 23 marzo 2016, i sì della Camera sono stati 272, ben oltre la metà dei presenti. Si è trovato inoltre un accordo con i deputati del Movimento 5 Stelle che minacciavano di ostacolare l’approvazione del decreto. Dopo il sì di Montecitorio si aspetta l’ok da parte del Senato da cui non si prevedono grandi modifiche al testo.
Gli obiettivi del decreto banche
L’obiettivo del decreto banche si inserisce nella volontà di ristrutturare il sistema bancario italiano per renderlo più resistente ai cambiamenti, mettendo in condizione gli istituti bancari di poter finanziare l’economia reale, facilitando lo sviluppo e l’occupazione.
Decreo Banche: i pareri contrastanti
Il decreto banche non è stata recepito bene da tutti. C’è chi, tra i consumatori, sia convinto che una tale legge possa far tornare l’anatocismo bancario. Questa norma si inserisce in un disegno ancora più grande, che prevede un rafforzamento del sistema bancario al fine di farlo diventare “più funzionale alla crescita dell’economia reale, tenendo sempre in maggior conto l’esigenza di tutela del cittadino nel suo rapporto con il mondo della finanza“.
Per la maggioranza di chi ha votato, il decreto dovrebbe mettere fine alla capitalizzazione degli interessi, ovvero l’applicare su interessi già maturati altri interessi e estendere la Garanzia pubblica sulla cartolarizzazione dei crediti in sofferenza anche a chi fa da intermediario della Finanza.
Inoltre si prevede l’arrivo di un regolamento per la way out delle BCC (Banche di Credito Cooperativo) qualora vogliano uscire dalla capogruppo e un regolamento flessibile per un uso di sconti fiscali nel momento in cui si compra un immobile messo all’asta. Queste sono le novità più importanti contenute nel decreto banche.
Cosa è il decreto indennizzi e recupero crediti?
Il decreto indennizzi e recupero crediti è un documento, pubblicato da pochi giorni sulla Gazzetta ufficiale, per consentire rimborsi ai circa 10.500 obbligazionisti che hanno perso tutti i propri risparmi dopo la “risoluzione” di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti.
Questo decreto ha anche ad oggetto diverse misure per accelerare il recupero crediti e prevede l’indennizzo automatico dell’80% dell’investimento per coloro i quali hanno i requisiti.
Tra i requisiti sono previsti l’acquisto dei bond entro il 12 giugno 2014, “nell’ambito di un rapporto negoziale diretto con la banca in liquidazione che li ha emessi”. Ciò vuol dire che non devono essere stati emessi sul mercato secondario.
I soggetti che ricevono l’indennizzo devono avere un reddito lordo sotto i 35mila euro o un patrimonio mobiliare sotto i 100mila euro, all’interno del quale va calcolato anche il corrispettivo pagato per le obbligazioni subordinate al netto delle spese per l’acquisto.
Quando va presentata la domanda per il riscossione crediti?
Coloro i quali possiedono questi requisiti, dovranno fare la domanda per la riscussione crediti entro quattro mesi dalla data di conversione del decreto. La domanda va presentata al Fondo interbancario, che è finanziato dal sistema creditizio che gestisce il Fondo di solidarietà.
La domanda deve contenere il contratto di acquisto dei bond, i moduli di sottoscrizione o di ordine di acquisto, l’attestazione degli ordini eseguiti, copia della “richiesta di pagamento del credito relativo agli strumenti subordinati” e una “dichiarazione sulla consistenza del patrimonio mobiliare”, “ovvero sull’ammontare del reddito Irpef”, con “espressa dichiarazione di consapevolezza delle sanzioni penali previste in caso di dichiarazioni non veritiere e falsità negli atti”.
Il fondo si occuperà di verificare i documenti, e a seguito di questo controllo positivo, la somma viene liquidata entro i 60 giorni successivi. L’obiettivo è quello di restituire l’80% del patrimonio azzerato ‘iniziale’, e cioè il valore della somma pagato al netto delle spese per l’acquisto ma anche al netto della differenza tra il rendimento dei bond alla data di sottoscrizione e quello di mercato di un Buono del tesoro poliennale in corso di emissione di durata finanziaria equivalente. All’interno di questo calcolo vanno inseriti anche gli anni e le e frazioni di anno in cui sono state detenute le obbligazioni.
Il ricorso all’arbitrato per il rimborso obbligazioni automatico
Chi non vuole esperire questa via, può rivolgersi all’arbitrato, soluzione che viene invece esclusa nel caso in cui si richieda il rimborso automatico. Questo sistema, tuttavia, non è stato ancora compiutamente delineato, decreto ministeriale e il Dpcm che in base alla legge di Stabilità devono fissare le regole per la procedura arbitrale presso l‘Anac e la nomina degli arbitri, infatti, non è ancora stato emanato. L’Anac, inoltre, è un organo destinato ad essere soppresso.
Questa sarà comunque l’unica strada percorribile per gli investitori che rimangono esclusi dagli indennizzi automatici, e cioè quelli che hanno acquistato le obbligazioni subordinate nell’ambito di un rapporto negoziale diretto con la Banca in liquidazione. In altre parole, come ha denunciato il Codacons, si fanno fuori tutti i piccoli investitori e i broker, in modo arbitrario e discriminatorio, perché solo chi ha acquistato obbligazioni dalla banca può ottenere il rimborso, mentre chi ha investito nei titoli attraverso altri operatori rimane escluso.
Lascia un commento