Collaborazione e condivisione sono i termini più “di moda” ultimamente: grazie al crowdsourcing, alle numerose opportunità della Rete, alle nuove tecnologie, si creano sempre più facilmente community per viaggiare, imparare, trascorrere il tempo libero, realizzare progetti di utilità sociale. E se si decidesse di organizzare e condividere con gli altri la propria quotidianità?
Questo è, in sintesi, il senso del “co-housing”, o co-residenza: esperienza che ha origine in Danimarca negli anni ’70 e che si basa sul concetto di progettazione partecipata e condivisione di spazi, attrezzature e servizi. Volete saperne di più? Continuate a leggere…
Gli aderenti ad un progetto di condivisione abitativa si chiamano cohouser: le aree territoriali destinate a questo tipo di insediamenti comprendono alloggi privati e ampi spazi destinati all’uso comune (lavanderie, grandi cucine, spazi gioco per i bambini e micro-nidi, biblioteche, laboratori per il fai-da-te, palestre, internet cafè ecc.)
Il vantaggio è doppio: si risparmia (grazie alla condivisione delle spese) e si socializza. Generalmente un progetto di cohousing prevede dai 20 ai 40 nuclei familiari con relative unità abitative e la vita quotidiana si svolge attraverso la cosiddetta comunità di vicinato o vicinato elettivo. Quest’ultimo è proprio tra le 10 caratteristiche principali del vivere insieme, riportate sul sito italiano del cohousing: tra le altre evidenziamo la privacy, perché nonostante la condivisione di spazi e attività, ciascuno mantiene l’individualità della propria abitazione e la personale gestione della sua giornata, senza alcuna ingerenza.
Il costo della vita si riduce notevolmente perché si azzerano gli sprechi grazie ad una gestione ottimizzata dei servizi: coltivazione di un orto comune, organizzazione di un asilo interno, creazione di gruppi di acquisto solidale per condividere le spese alimentari e altre risorse per il tempo libero (la palestra, ad esempio). Inoltre, applicando il car sharing, si può risparmiare anche per gli spostamenti e, in fase di realizzazione degli edifici, si possono scegliere soluzioni idonee a garantire il risparmio energetico (come l’installazione di impianti fotovoltaici): con il cohousing, insomma, diversi servizi a valore aggiunto diventano più accessibili perché i costi elevati vengono sempre suddivisi.
La collaborazione permane anche per tutte le attività di cura e manutenzione degli spazi comuni, senza gerarchie: ruoli e responsabilità sono decisi collettivamente in base a capacità e interessi di ciascun membro della comunità di cohousing, perché nessuno esercita autorità sugli altri. Tra i progetti italiani in corso possiamo menzionare COHTTAGE, a Milano: in fase di definizione (conclusione prevista per la fine del 2013), prevede 20 unità abitative e 200 mq di spazi comuni coperti.
La vostra zona non prevede questi spazi? Vi piacerebbe aderire, ma non potete spostarvi in altre città? La soluzione c’è: basta semplicemente prendere spunto dal progetto cohousing adattandolo al proprio quartiere, riscoprendo il buon “rapporto di vicinato”. Potreste decidere di condividere l’auto, la terrazza per cene o riunioni, gestire collettivamente un orto, fare la spesa insieme o dividere i costi di una piccola vacanza. Anche scambiarsi un favore, a volte, oltre che essere una gentilezza è un bel modo per risparmiare tempo e denaro!
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