Per chi ha meno di quarant’anni oggi, la pensione appare come un miraggio. Tra precariato, periodi di disoccupazione, lavori discontinui e redditi bassi, gran parte dei nati tra gli anni ’70 e gli anni ’80 rischia di andare in pensione dopo i 70 anni e di ricevere un assegno bassissimo, come hanno dimostrato le “Buste Arancioni” inviate dall’INPS.
Per risolvere il problema molto serio del futuro pensionistico dei giovani che riguarda intere generazioni di italiani, è spuntata la proposta di garantire una pensione minima di 650 euro per chi smetterà di lavorare dopo il 2030: ecco come funzionerebbe se venisse approvata.
Pensione minima per i giovani garantita anche per il sistema contributivo
La proposta di una pensione minima per i giovani che andranno in pensione dopo il 2030 è arrivata da Stefano Patriarca, consigliere economico alla Presidenza del Consiglio. L’idea è stata presentata e discussa nel corso del seminario organizzato dal PD sul tema “Non è una pensione per giovani – Rapporti tra generazioni e riforma del sistema previdenziale”.
La soluzione proposta da Patriarca riuscirebbe a garantire un reddito minimo a tutti quei lavoratori che hanno avuto carriere discontinue o che sono entrati tardi nel mondo del lavoro e che risulterebbero danneggiati dal calcolo della pensione con il sistema contributivo.
Dopo il 1996, con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, le pensioni sono calcolate sulla base dei contributi versati. Chi ha avuto carriere frammentate rischia di ricevere una pensione al di sotto del limite di povertà e in più rischia di rimanere al lavoro ancora più a lungo.
La riforma Fornero lega infatti l’uscita dal mondo del lavoro al reddito: chi guadagna meno e quindi versa meno contributi dovrebbe rimanere al lavoro per più tempo. Le simulazioni, tenendo conto dell’anzianità contributiva, dei livelli di reddito e della speranza di vita, mostrano come in base alle norme della legge Fornero si potrebbe rimanere al lavoro fino a 76 anni e 4 mesi.
Mentre nel sistema retributivo è prevista una pensione minima di circa 500 euro mensili, nel sistema contributivo questa garanzia non c’è. Introdurla significherebbe assicurare una vecchiaia quantomeno più serena a chi oggi ha meno di 45 anni.
Pensione di 650 euro per chi ha almeno 20 anni di contributi
La proposta fatta da Patriarca è quella di riconoscere una pensione minima per i giovani di 650 euro al mese per chi andrà in pensione a partire dal 2030 e avrà maturato almeno 20 anni di contributi.
L’importo minimo della pensione sarebbe calcolato in proporzione con i contributi versati: l’assegno aumenterebbe di 30 euro al mese per ogni anno di contributi aggiuntivo, fino ad arrivare a una pensione minima di 1.000 euro per chi ha un’anzianità contributiva di 35 anni.
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